Il teatro della vita e i suoi corpi.
Si fa un gran parlare della duplicità di immagine di Drusilla Foer, al festival di Sanremo 2022, uomo con il corpo di donna, in realtà non un trans, ma un attore, Gianluca Gori che si è inventato il personaggio di Drusilla, fino ad essere “lei” oltre ogni altra performance di vita e di palcoscenico, un ‘corpo olografico’ forse per dimostrare la sua bravura di attore, finalmente libero di essere sè stesso, raggiungendo una notorietà altrimenti difficile da raggiungere.
Ma ci sono anche altri Corpi Dolorosi, diversi, unici, plateali e umani, che in Italia sono già apparsi alla cronaca e sono stati raccontati in teatro e in fotografia magnificamente già nei fatidici fine anni settanta, quelli della rottura di schemi e finte democrazie, e inizio anni ottanta che denotano l’intensificarsi di scontri e confronti sulle questioni sessuali e dell’identità di genere non etichettabile, già tanto presente nel Glam Rock degli anni Settanta.
Sono corpi veri, come ad esempio i Femminielli di Napoli, raccontati dal fotografo Luciano Ferrara o dal regista Enzo Moscato. Il termine napoletano ‘femminiello’ ha una forte carica allusiva e provocatoria di un ‘genere’ fuori metafora, è una parola al maschile ma rimanda all’universo femminile.
Indica una strana natura, articolata, fluida, provocatoria, struggente, altra, che integra gli opposti femminile e maschile, in un’equazione abnorme dalla gestualità teatralizzata ma ‘umana’ nella compassione del vivere.
Questo fenomeno è presente antropologicamente in molte culture, anche orientali e in quasi tutte le epoche storiche, ma che a Napoli ha assunto caratteristiche specifiche, uniche, anche perchè integrate e parte di quell’economia solidale, partecipe e ‘sfacciata’ che contribuisce a sostenere intere famiglie nel ‘tiramm a campà’ del sottobosco della virtuosa città di Napoli. Un fenomeno di costume ma anche di vita che oggi purtroppo non ha più l’autenticità del corpo che si fa storia, ma si è mescolato alla barbarie dei corpi venduti dall’industria del sesso e della droga.
Un discorso a parte meriterebbe poi il pastrocchio mediatico ben congegnato dal festival di Sanremo e tanto osannato dai media, che non vedono l’ora di ‘parlare, masticare e sputare’ in nome dello share, dei like e dei milioni di streaming, a discapito dei contenuti.
E’ il grande circo televisivo ecumenico, di buoni e sommari sentimenti, corpi, pianti, sorrisi, cosce e nudità, vestizioni e svestizioni, mascheramenti e mascherate tra volgarità e bon ton in nome di una ‘libertà di espressione’ , ben costruita a tavolino, in redazione, seguendo un copione sociologico e antropologico, ahimè frutto di questi tempi storici così incerti e apocalittici.
Un pò di mestizia mi prende rispetto al messaggio di Drusilla che si assume – credendoci(?)- il compito di parlare di Unicità, ma non può rivendicare verità e coerenza, perchè totalmente costruita come ‘oggetto d’arte’ e di per sè contraddittorio e divisivo.
Un pò di mestizia anche per me e a quegli anni in cui tra arte, fotografia e teatro, tracciavo l’utopia della giovinezza e del cambiamento e non posso dimenticare , tra le strade percorse andando a fare teatro, quella strana purezza dei Femminielli, esposta tra i quartieri, quasi ‘paurosa’ nella dirompenza dei corpi e del linguaggio, un maschile e femminile però simbolicamente riuniti in un forte, struggente  messaggio di amore e complicità solidale senza tempo in una Napoli vera città-moltitudine eterna, autentica, di profonda e sconcertante bellezza, duale e multiforme.  
Un grazie va a quella ‘mia’ generazione di fotografi e poeti che hanno fatto anche la nostra storia di oggi, senza però chiederne ragione e senza pensare ad audience, like e visualizzazioni.
(Darshana P. Tedesco)
Approfondisci in questo link un articolo sul tema nelle fotografie d’arte di Luciano Ferrara sui Femminielli