Nelle prove di “Essere Amleto o non Essere” (Laboratorio TeatroTranspersonale 2011-2012)
“…Scena quarta
Dal fondo avanzano con varie velocità e ritmo interno…”
Amleto, Ofelia, Polonio, la Regina, quattro icone del teatro di Shakspeare che si alternano in un affastellarsi di camminate come di un tempo che trascorre tra presente, passato e futuro.
In questo percorso teatrale che ci ha portato ad indagare i temi di Amleto e dei suoi alter ego, ci ha accompagnato una cagnetta,bassotto tedesco, di nome Lulù, che i padroni affettuosi portavano con loro alle prove.
Arrivava i primi tempi con fare sospetto, annusando la sala che sapeva di incenso e profumo d’ambiente. Si metteva nel suo trasportino e sbirciava i movimenti di tutti.
Avevo notato che quando intervenivo per dare indicazioni agli attori lei mi seguiva con lo sguardo e anche si destava quando i ritmi delle improvvisazioni erano efficaci, mentre dormiva sorniona quando i tempi erano
soft e con poco mordente.
Un sesto senso dunque che presto si dimostrerà vera presenza scenica.
Con il passare delle settimane Lulù acquisisce sempre più familiarità con l’ambiente e all’arrivo é sempre più spavalda come un bimbo che ritrova i suoi amici ai giardinetti, e appena arriva corre all’impazzata per la gioia.
Ed ecco che man mano partecipa alle scene che nel frattempo vanno addensandosi.
Nel seguire le azioni degli attori si mescola al gruppo, lo fa con attenzione, cercando di capire dove porsi nella coralità dei movimenti. Quale posto occupare sul “palcoscenico del mondo” che é la scena addobbata di sedie e abiti per gli attori-personaggi.
Percepisce man mano che arrivare alle prove é entrare in un mondo che é diverso da fuori.
La sala é per lei come una grande casa di Barbie, dove i personaggi fanno per vero e lei fa la sua parte, intuendo che é un gioco, ma mettendosi in una comunicazione dai piani del sottile, che intuisce anche i corpi emozionali degli umani-attori , il timbro della voce, le posture, che codifica i silenzi e le pause.
Dopo circa cinque mesi di laboratorio e un mese di prove su Amleto, la cagnetta comincia a recitare il cane di corte.
E’ sempre in scena, a suo modo, seguendo le piste di Ofelia, tra i boschi del suo candore.
O abbaiando al cupo Amleto ubriaco di rabbia. Oppure rincorrendo Polonio o accucciandosi tra le braccia della Regina.
Lulù sembra delineare ritmi e tempi teatrali dentro una sua partitura canina che diventa , malgrado gli attori, un forte punctum, un primo piano su di lei che é il centro della scena e degli umani intenti, sempre più dissociati nell’amletica giostra della tragedia annunciata.
Sembra come tenere saldamente una fune di “compassione” che vuole arginare il movimento scomposto e frammentato del grido, del dolore, dell’odio, dell’amore, delle umane danze dell’anima.
E una sera di maggio, come rispondendo al richiamo che l’archetipo della famiglia umana gli lanciava dalla notte dei tempi intorno al fuoco, Lulù varcò la soglia spazio -tempo dei generi e delle speci, ed entrò nel teatro della vita, nel ” ritmo interno” della partitura scenica.
Si pose al fianco dei compagni di viaggio, uomini e animali nel lungo peregrinare dei secoli…
Nel silenzio gli attori percorrono la linea della memoria e del tempo. Avanzano. Lei avanza. Gli attori si fermano. Lei si ferma.
Nel ritmo che si fa ora più veloce, ora lentissimo, Lulù volteggia, con le sue gambotte corte ,il corpo sinuoso e il lungo nobile musetto, gli occhi grandi, scuri e languidi come una diva del muto.
Gli attori lentissimi avanzano in proscenio. Lulù compunta, con fierezza canina, avanza poco distante dalle gambe della Regina e si ferma, auscultando il magico tempo del teatro, si ferma quando é perfettamente il suo tempo di attrice, un attimo dopo il tempo di tutti, lasciando che nel silenzio si sentano solo i suoi passi.
La magia di un Rito che vede i Mondi unirsi. Il Teatro dell’Anima.
Si dice di un attore che recita male che ” é un cane” e di un cane che recita benissimo cosa si potrebbe dire?
Lulù é un cane attore, nel senso che nella parte di se stessa é stata verissima, leale, fedele al personaggio eppure pronta a distaccarsene, ad abbandonarlo, ad aggredirlo per andare oltre una semplice messa in scena.
Per portarci a “vedere” la sostanza segreta delle cose. Vedere con un altro sguardo.
Oltre i limiti di gesti e azioni convenzionali, apparenza di un modo d’essere, Lulù nella sua verità di cane, scardinando i confini delle personalità -personaggio, ha rivelato la poesia di quando il fare senza nulla fare
crea il risveglio del sé.
Essere semplicemente se stessa, stare, fluire con l’accadere, partecipare, nella presenza di una verità espressa con la purezza di un cuore di cane che ama la vita incondizionatamente e con essa ogni sua cosa, forma, espressione, gioco, lila.
Il bisogno di trascendenza è insito nella natura umana ma Lulù ha dimostrato che anche i suoi occhi di cane sapiente sanno guardare alla Luce sopra l’orizzonte di una scienza del sacro.
Accettando la sfida di giocare la sua parte, nella sua virginale e integra dignità di dio-cane, rispettoso delle leggi sceniche come delle Leggi Universali.
Darshana Patrizia Tedesco